S.I.S

LABORATORIO DI FISICA NUCLEARE

Prof. Maina                                                                                            

anno 2000-2001

 

Specializzanda: Rosanna Basilicata

 

Lo studio del processo di fusione nucleare nella scuola secondaria superiore

 

Premessa

La seguente relazione vuole essere un esempio di presentazione del processo di fusione rivolta a studenti di una quinta classe di liceo scientifico tecnologico: la scelta degli interlocutori è stata fatta tenendo presenti i programmi ministeriali di fisica delle scuole secondarie superiori (l’argomento di fisica nucleare, e in particolare quello del processo di  fusione nucleare,  è presente anche in altri percorsi, ad esempio negli istituti tecnici con indirizzo chimico).

Nell’introdurre la lezione premetto che focalizzerò l’attenzione sui principali concetti chiave. Seppur abbia una limitata esperienza di insegnamento, ho constatato l’importanza di adattare qualunque percorso didattico alle esigenze della classe, e non viceversa: di conseguenza la lezione che illustrerò sarà volutamente  il più semplice possibile proprio per avvicinarsi anche agli studenti più ‘deboli’. Se poi si ha l’opportunità di affrontare l’argomento in una classe molto preparata si potranno approfondire a lezione alcune parti, oppure si lasceranno delle indicazioni ai ragazzi per fare, loro stessi, delle ricerche.

La lezione si colloca  nel secondo quadrimestre, all’interno del tema di ‘fisica nucleare’, subito dopo la presentazione del processo di fissione nucleare.

 

I prerequisiti richiesti riguardano la fisica nucleare, in particolare si farà riferimento ai nucleoni e alle forze nucleari , all’energia di legame, alla radioattività e alla fissione nucleare, ma anche alcuni concetti di meccanica (energia cinetica, termica, principio di azione e reazione e principio d’inerzia), di elettromagnetismo (forze coulombiane, campo magnetico prodotto da un campo elettrico ed effetto Joule), e  di relatività (acceleratore di particelle e relazione di Einstein E=mc2).

Inoltre è richiesto di saper leggere e interpretare le formule delle reazioni nucleari (saper fare il bilancio energetico).

 

Gli obiettivi si dividono in:

obiettivi di tipo formativo

-         rendersi conto dell’importanza degli studi scientifici per migliorare le condizioni di vita sulla terra (in particolare ricercare altre fonti di energia rinnovabili oltre quella solare, eolica ed idroelettrica);

-         prendere coscienza delle difficoltà tecniche per la realizzazione di reattori a fusione a livello industriale;

 

obiettivi di tipo disciplinare

-         saper collocare storicamente gli studi sul processo di fusione nucleare;

-         sapere cosa si intende per fusione nucleare e comprenderne le relative reazioni;

-         sapere, seppur non in dettaglio, quali sono le reazioni di fusioni che avvengono in natura (catena dell’idrogeno e ciclo del carbonio);

-         saper fare un confronto tra fusione e fissione (in particolare il confronto tra energie e scorie radioattive prodotte);

-         saper come funzionano i principali reattori a fusione controllata: a confinamento magnetico e a confinamento inerziale (e breve confronto tra di essi);

-         sapere cos’è la bomba H;

-         saper impiegare la corretta terminologia e saper impostare  un discorso significativo sull’argomento affrontato.

 

L’approfondimento del processo di fusione nelle stelle, e in particolare del sole, può essere oggetto di una lezione interdisciplinare tra fisica e scienze (nei licei scientifici) oppure fisica e chimica (negli istituti tecnici industriali).

 

Metodologia didattica

La lezione sarà prevalentemente interattiva, intervallata da momenti di lezione frontale in cui si daranno agli studenti gli elementi di carattere contenutistico; si cercherà di coinvolgere i ragazzi, sia per raggiungere gli obiettivi di tipo formativo, sia  nel riprendere gli argomenti già trattati (saranno loro stessi a ricordarli). Ogni lezione inizierà con un breve ripasso della lezione precedente in modo che l’insegnante possa riprendere l’argomento e verificare che i ragazzi abbiano studiato e assimilato i concetti prima introdotti.

 

Valutazione

Sarà compiuta una valutazione di tipo formativo e di tipo sommativo: in itinere, si cercherà un continuo feed-back con la classe in modo tale da intervenire immediatamente sulle lacune pregresse (indicando ai ragazzi più deboli gli argomenti da rivedere a casa) e sulle difficoltà che emergono durante la lezione.

La valutazione sommativa prevederà una verifica scritta per accertare gli obiettivi prettamente disciplinari  e una verifica orale (sarebbe auspicabile una discussione che coinvolga tutta la classe, se questo non fosse possibile, allora si farebbe un’interrogazione individuale) per accertarsi degli obiettivi di tipo formativo.

 

 

Schema dell’intervento didattico

 

La durata prevista per il seguente intervento è di circa 5 ore: esso è soltanto indicativo, perché dipenderà strettamente dal ritmo e dalle esigenze della classe.

 

Prima lezione(2 ore)

Cos’è il processo di  fusione nucleare

Perché si studia e quali sarebbero i vantaggi rispetto alla fissione nucleare

Breve confronto tra l’energia ottenibile dalla fusione ed energia ottenibile dalla fissione

La bomba all’idrogeno

La fusione nucleare in natura.

 

Seconda lezione(1 ora)

Il reattore a confinamento magnetico: com’è composto, quali sono le fasi del suo funzionamento, quali sono le difficoltà di realizzazione.

 

Terza lezione(1 ora)

Il reattore a confinamento inerziale: com’è composto, quali sono le fasi del suo funzionamento e i vantaggi rispetto al reattore a confinamento magnetico.

 

Verifica scritta (1 ora)

Prova con domande a risposta aperta, test a scelta multipla e un problema in cui si chiede di fare un bilancio energetico.

 

Importante sarà dedicare un’ora per la correzione della verifica insieme ai ragazzi: l’insegnante potrà chiarire i dubbi e correggere gli errori commessi nella prova.

 

I commenti scritti in corsivo rappresentano delle indicazioni di carattere didattico.

 

Prima lezione(2 ore)

Abbiamo analizzato la fissione di un nucleo pesante, una reazione nucleare esoenergetica, in cui si verifica la liberazione di una grande quantità di energia (al contrario delle reazioni endoenergetiche in cui avviene un assorbimento di energia). Esiste un'altra reazione nucleare esoenergetica di notevole interesse scientifico: la fusione nucleare. Mentre nel processo di fissione studiato un atomo pesante, ad esempio l’atomo di uranio, veniva bombardato da un neutrone e quindi scisso in due atomi più leggeri, liberando una elevata quantità di energia, nel processo di fusione avviene il fenomeno ‘contrario’, cioè due atomi leggeri si urtano ad altissima velocità producendo un atomo più pesante e liberando un’enorme quantità di energia.

 

Parlare di fusione nucleare come processo ‘contrario’ della fissione non è corretto dal punto di vista scientifico ma può essere un modo per avvicinare i ragazzi , con un approccio intuitivo, al nuovo argomento. Certamente il concetto andrà ripreso dall’insegnante per essere rivisto in modo rigoroso.

 

Ecco alcune reazioni di fusione nucleare:

 

       1H1 + 1H= 1H 2 + e+ + v + Q

 

          1H2 + 1H= 1H 3 + 1H1+ 4 MeV

 

(*)  1H 2 + 1H = 2He 4 + n + 17,6 MeV

 

Il deuterio (1H 2 ) e il trizio ( 1H 3 ) sono isotopi dell’idrogeno.


 

 

L’ultima rappresenta la reazione più promettente per diversi motivi, tra questi il fatto che gli elementi interagenti sono facilmente ricavabili: l’atomo di deuterio può essere facilmente estratto dall’acqua di mare, ve ne è uno ogni 7000 di idrogeno, mentre il trizio, irreperibile sulla terra perché ha un tempo di decadimento molto breve, si può ottenere dalla reazione di fissione del litio (quest’ultimo è abbondante sulla crosta terrestre).

 

Dalla fusione nucleare si ottiene un'enorme quantità di energia, dovuta al difetto di massa e cioè una volta che i due atomi si fondono, la  massa dei nuclei prodotti non è pari alla somma delle masse iniziali, ma minore.  La materia non si crea né si distrugge, ma può convertirsi in energia: è questo ciò che avviene durante la fusione nucleare.

 

 

 

 

Facendo un breve confronto tra le energie ottenibili dalla reazione di fusione e quella della fissione:

 

fusione   17,6 MeV /5 nucleoni = 3,5 MeV/nucleone

fissione   200 MeV/235 nucleoni »1 MeV/nucleone

 

(1 eV = 1,60219 x 10-12 erg = 1.6 x 10-19 J).

 

vediamo che per ogni ‘unità di massa’ l’energia liberata dalla reazione di fusione è circa 3,5 volte maggiore di quella ottenibile dalla fissione.

 

Per quanto riguarda il confronto tra le scorie radioattive prodotte dalle due reazioni sappiamo che pur essendo il tritio radioattivo per circa 12 anni e i neutroni pur  provocando una radioattività indotta nella strutture che racchiudono il combustibile,  la radioattività prodotta durante il processo di fusione non è paragonabile a quella che interessa la fissione (con la fusione verranno prodotti tra 10 e 100 volte meno radioisotopi).

 

Un altro grande vantaggio della fusione nucleare rispetto alla fissione nucleare, è che la fusione è una fonte energetica  “quasi rinnovabile”; cosa vuol dire?

Esempi di fonti energetiche rinnovabili, cioè continuamente ricreate e che non si esauriscono, sono il sole (energia solare), il vento (energia eolica) e l’energia idroelettrica, adatte per centrali di potenza piccole e medie (fino a qualche megawatt). Esempi di fonti non rinnovabili sono il petrolio, il carbone, il metano e l’uranio.

L’energia che si ricaverebbe dal processo di fusione nucleare sarebbe adatta a centrali da migliaia di megawatt; la fusione sarebbe una fonte ‘quasi rinnovabile’ perché, come abbiamo ricordato prima, gli elementi che interagiscono nel processo sono facilmente reperibili sulla terra .

 

Perché, analizzando le diverse reazioni di fusione, abbiamo parlato di reazione più promettente e non più sfruttata? Se pensiamo alle forze coulombiane che agiscono sugli atomi di deuterio e trizio, cosa possiamo concludere riferendoci alla reazione di fusione esaminata (*)?

 

I nuclei di tritio e deuterio, essendo entrambi carichi positivamente, si respingono fortemente(si fa ricordare ai ragazzi la legge di Coulomb); per superare questo ostacolo, i neutroni devono porsi tra i protoni e affievolirne le forze di repulsione, ma ciò non basta. Vedremo che, per far sì che la fusione avvenga, sono stati pensati e realizzati (ma non a livello industriale), alcuni tipi di reattori che si diversificano dal metodo utilizzato per avvicinare i nuclei di deuterio e tritio e per come ‘confinano’ la miscela. Stiamo parlando del reattore a confinamento magnetico, in cui l’ostacolo della repulsione tra i nuclei interagenti nella fusione viene risolto portando la miscela di deuterio e tritio ad altissime temperature, mentre nei reattori a confinamento inerziale è il bombardamento di raggi X, oppure di raggi laser, su una capsula di deuterio e tritio che ne provoca la fusione. Vedremo in dettaglio il loro funzionamento nelle prossime lezioni.

Nonostante siano stati ideati questi reattori, l’uomo non è ancora riuscito a produrre sulla terra un processo di fusione controllata, autosostenuto e con sviluppo programmato di energia.

 

 

Un po’ di storia

La prima fusione nucleare artificiale fu realizzata all'inizio degli anni Trenta, mediante il bombardamento di un bersaglio di deuterio, con nuclei di deuterio ad alta energia accelerati da un ciclotrone; ma, poiché era richiesta molta energia per accelerare i nuclei, l’energia prodotta fu molto meno di quella consumata. Un rilascio di energia positivo fu ottenuto per la prima volta negli anni Cinquanta, con le sperimentazioni sulle armi nucleari da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e Francia. Stiamo parlando dell’esplosione termonucleare della cosiddetta bomba H (la prima avvenne nel 1952 nell’Oceano Pacifico), in cui la temperatura necessaria per innescare la reazione di fusione nella miscela deuterio e tritio, è stata fornita dall’esplosione di una bomba a fissione (essa funge, per così dire, da miccia). Le bombe all’idrogeno possono diventare delle armi dal potenziale distruttivo di proporzioni astronomiche.

 

Vi sono delle reazioni di fusione che avvengono in natura: esse sono reazioni termonucleari cioè prevedono una temperatura di innesco di 10 milioni di gradi kelvin. La reazione termonucleare più comune è la fusione di atomi di idrogeno in atomi di elio. Da 5 miliardi di anni il Sole ogni secondo trasforma in energia 4 miliardi di tonnellate di idrogeno ed il processo è così "economico" che la nostra stella continuerà a brillare almeno per altri 5 miliardi di anni.

Nel 1938 H.A. Bethe studiò la catena dell’idrogeno e il ciclo del carbonio, due cicli di reazione che portano, a partire dall’idrogeno, la sintesi dell’elio. Nella prima reazione, attraverso una successione di fasi intermedi, si perviene alla formazione di un nucleo di elio (particella a), di due nuclei di idrogeno, di un positrone, di un neutrino e di un certo numero di fotoni con uno sviluppo di energia pari a 26 MeV. Nel ciclo di carbonio, pur interessando nella reazione il carbonio, l’azoto e l’ossigeno, in definitiva l’idrogeno si trasforma in elio producendo due positroni, due neutrini e un numero elevato di fotoni. 

 

Seconda lezione(2 ore)

Vediamo ora i due metodi più perseguiti che consentono di provocare reazioni di fusione per produrre energia.

I due maggiori problemi tecnici della realizzazione della fusione nucleare su larga scala sono il riscaldamento del gas ad altissima temperatura, e il "confinamento" dei nuclei reagenti (parola chiave che verrà poi ripresa quando si parlerà dei reattori nel dettaglio). Per temperature superiori ai 100.000 °C, gli atomi di idrogeno sono completamente ionizzati. Ma come mantenere l'idrogeno alla temperatura di decine di milioni di gradi? Quale contenitore può reggere ad una prova così devastante?

Il gas reagente si trova nello stato della materia detto plasma, che consiste in una miscela di cariche libere positive e negative (ioni ‘nudi’ ed elettroni liberi), complessivamente neutra. Perché il processo sia efficiente è necessario confinare il plasma entro uno spazio ridotto, in modo da aumentare il più possibile il numero degli eventi di fusione. Per confinare il plasma si possono usare due tecniche.

Il confinamento  magnetico si basa sulla reazione deuterio-trizio; il plasma è racchiuso in un reattore a forma di ciambella e isolato da un fortissimo campo magnetico. Anche se non vengono prodotte scorie radioattive, nel reattore c’è radioattività, per l’emissione di neutroni.

Il confinamento inerziale si basa sulla reazione deuterio-trizio. Si ottiene colpendo delle piccole masse di deuterio e tritio con dei raggi X che produrrebbero delle piccole esplosioni di fusione.

Reattore a confinamento magnetico

Abbiamo già detto che nel reattore a confinamento magnetico la materia è trasformata in plasma; possiamo  trovare questo stato della materia anche in natura: nelle stelle, nel vento solare, nella ionosfera terrestre, nei fulmini e nelle aurore boreali.

Come si produce il plasma dalla miscela di deuterio e tritio?

La transizione da gas a plasma si  ottiene per riscaldamento o per il  passaggio di una  corrente elettrica, questi metodi  forniscono l’energia necessaria per ionizzare gli atomi cioè per strappare loro degli elettroni.

E’ a  partire dalla fine della seconda guerra mondiale, che si cerca di realizzare un plasma simile a quello della parte centrale delle stelle e del sole, ma per affermarsi ci vorranno ancora alcuni decenni.

Il plasma viene portato ad una temperatura dell’ordine di 100 milioni di gradi, gli ioni positivi di deuterio e tritio, che tendono a respingersi, acquistano un energia cinetica (dovuta all’agitazione termica) che fa superare la repulsione, avviene dunque la fusione. Alcuni neutroni prodotti dalla reazione vengono riutilizzati per produrre tritio, nella reazione:

 

n + 3Li6 = 2He4 + 1H3

oppure

n + 3Li7 = 2He4 + 1H3 + n

 

Si può chiedere ai ragazzi, che già conoscono il processo di fissione, di che tipo di reazione si sta parlando.

 

Per avviare la reazione di fusione all’interno del reattore a confinamento magnetico, cioè raggiungere l’ignizione è necessaria una grande quantità di energia ed, inoltre, per il mantenimento della reazione, deve permanere un delicato equilibrio tra energia prodotta ed energia  perduta (energia che sfugge dal plasma per conduzione, convezione e irraggiamento). Il periodo di tempo necessario affinchè si stabiliscano le condizioni di temperatura opportune, si chiama tempo di confinamento.

 

Un tipo di reattore a confinamento magnetico  ideato e sviluppato da un gruppo di Mosca, guidato da L.A. Artsimovitch, è il Tokamak.

In seguito ai successi degli esperimenti condotti in diversi laboratori con piccoli tokamak, all'inizio degli anni Ottanta ne vennero costruiti due di grandi dimensioni, di cui uno all'università di Princeton, negli Stati Uniti, e l'altro nell'ex Unione Sovietica.

 




 

Il plasma viene confinato in una regione toroidale e rimane tenuto ‘sospeso’ mediante la sovrapposizione di tre campi magnetici; essi funzionano in modo da riportare  nella regione di confinamento quegli ioni che tendono a sfuggirvi (da qui deriva il nome di reattore a ‘confinamento magnetico’). Grazie a quale forza? Questa domanda si rivolgerà direttamente ai ragazzi.

E’ la forza di Lorentz che il campo magnetico esercita sugli ioni e gli elettroni, in modo che il plasma rimanga confinato, evitando che si raffreddi a contatto con le pareti del reattore nucleare.

 E’ interessante il fatto che uno di questi campi magnetici è generato da una forte corrente circolare di circa 1 milione di A, che attravera il plasma stesso; inoltre esso provoca  il riscaldamento del plasma e quindi lo porta ad avvicinarlo alle condizioni di fusione.

Anche qui si fa ricordare ai ragazzi il legame tra corrente elettrica e campo magnetico ed effetto Joule.

 Se osserviamo lo schema del reattore tokamak vediamo che nella parte centrale vi è il plasma in cui avvengono le reazioni di fusione e intorno vi è il litio, utile per la produzione del trizio. L’elio prodotto dalla reazione nucleare è raccolto all’esterno del reattore. L’enorme energia prodotta dalla reazione di fusione, che si manifesta sottoforma di calore, è portata via dall’acqua, come accade in un reattore a fissione, per produrre energia elettrica.

 

A Culham, in Inghilterra, è stato ideato e costruito il reattore JET(Join European Teams): al suo interno sono stati raggiunti i 200 milioni di gradi e si è ottenuta, per un solo secondo, la produzione di una potenza di 10 MW capace di dare il 60% dell’energia impiegata per riscaldare il plasma.

Per avere interesse dal punto di vista pratico un reattore dovrebbe fornire almeno l’energia spesa per farlo funzionare, (cioè per scaldare il plasma ecc.)

 

Terza lezione (2 ore)

Reattore a confinamento inerziale

Un reattore a confinamento  inerziale, capiremo poi perchè si chiama proprio così,  è composto principalmente da quattro parti: un sistema di acceleratori che producono i pacchetti di ioni, le capsule di deuterio e trizio in cui avvengono le reazioni di fusione, la camera di fusione che assorbe i neutroni (raffreddata opportunamente produce vapore ad alta temperatura) ed infine le turbine che producono elettricità.

La reazione di fusione avviene in un volume di meno di un mm3, la miscela di deuterio e tritio è portata ad una densità molto superiore rispetto a quella di un solido ordinario (il ghiaccio di deuterio-trizio viene racchiuso in una ‘pallina’ di berillio e altri materiali più pesanti).

Vediamo come avviene la reazione di fusione: due pacchetti di ioni pesanti (ad esempio ioni di piombo) vengono accelerati a 10 GeV di energia dal sistema di acceleratori ed inviati contemporaneamente sui convertitori, fatti di berillio. Gli ioni, frenati dall’interazione con gli atomi di berillio, si fermano nel convertitore. Qui accade che il 15% di energia dissipata dagli ioni nel berillio si trasforma in raggi X che fanno rapidissimamente evaporare la capsula sferica che contiene il ghiaccio di deuterio e trizio; se la potenza dei raggi X è alta, la compressione della capsula (il suo diametro varia da 1mm a 0.1 mm e la sua densità aumenta più di 1000 volte!) fa avvenire la fusione.  

 


 

I raggi X colpiscono la capsula in tutte le direzioni per qualche nanosecondo; a causa del bombardamento i molti atomi si allontanano con energia elevata e per il principio di azione e reazione spingono verso l’interno della capsula altri atomi adiacenti. Il processo è così veloce che gli atomi di deuterio e trizio, per il principio di inerzia, continuano a muoversi uno contro l’altro, fino ad urtarsi (gli atomi, pur avvicinandosi, è come se non avessero il tempo di sentire la forza di repulsione colombiana e quindi di allontanarsi).

 Dalla fusione di una parte della capsula si ottengono circa 200 MJ di energia per capsula, molto di più rispetto a quella trasportata dai pacchetti di ioni.

 

Facciamo i conti

Nel reattore a confinamento inerziale, inizialmente abbiamo 105 ioni per ogni pacchetto, il quale porta 10 GeV di energia, di conseguenza l’energia trasportata è

 

E=105 x 1010 eV x 1,6 x 10-19 J/eV = 1,6 MJ

 

Entrambi i pacchetti di ioni trasportano 3.2 MJ di energia. Come abbiamo detto prima, essa viene loro fornita da un sistema di acceleratori che hanno un efficienza del 10%, perciò per accelerare gli ioni vengono spesi circa 10 MJ di energia (10 MJ=3.2 MJ x 100/30).

Ogni capsula produce 200 MJ di energia; il calore trasportato via da un circuito di raffreddamento si trasforma in energia elettrica con efficienza del 35%, di conseguenza l’energia utilizzabile sarà

200 MJ x 35% = 70 MJ

di cui 10 MJ si riutilizzeranno all’interno del reattore per accelerare gli ioni, l’energia rimanente di 60MJ  verrà immessa in rete.

Normalmente un reattore a confinamento inerziale potrebbe utilizzare 10 capsule al secondo (disposte con distanze ben precise nella camera a fusione, il cui diametro è di una decina di metri) e produrre 600 MW elettrici.

Ricordiamo che per avere interesse dal punto di vista pratico, un reattore a fusione dovrebbe fornire almeno l’energia spesa per farlo funzionare, quindi gli sforzi degli scienziati sono concentrati sul miglioramento dell’efficienza dei reattori.

Solo nel 2010 gli studiosi prevedono di poter dire se un reattore a confinamento inerziale è industrialmente vantaggioso.

 

Una differenza importante tra i due tipi di reattori visti è che mentre un reattore a confinamento magnetico produce continuamente energia come una caldaia che brucia petrolio, un reattore a confinamento inerziale produce energia di tanto in tanto, solo quando una capsula fonde, come accade in un motore a scoppio, i cui pistoni sono spinti quando scocca la scintilla.

 

L’utilizzo di metafore e paragoni all’interno di una lezione aiuta moltissimo i ragazzi a comprendere e memorizzare i concetti importanti.

 

Bibliografia utilizzata

-P.Caldirola, G.Casati, F.Tealdi, ‘Nuovo corso di Fisica’ per i licei scientifici, Ghisetti e Corvi, vol.3.

-U.Amaldi, ‘Immagini della Fisica’,Zanichelli.

-A.Caforio, A.Ferilli, ‘Physica’ per i licei scientifici, Le Monnier, vol.3.

-Dispense e appunti del prof. Maina.