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A
PECHINO siamo
stati ospiti dell'albergo dell'Accademia delle Scienze. Il quartiere in
cui si trova l'Accademia non è ancora stato interessato dal processo
di rimodernamento forzato, tipico di quasi tutte le grandi città
cinesi, che ci fanno sembrare irriconoscibili le città stesse se
ritorniamo nello stesso luogo 5 anni dopo. Di solito, infatti, dapprima
vengono rasi al suolo i quartieri vecchi, quindi si costruiscono i quartieri
nuovi partendo dal basso (fognature, metrò, fino alle "autostrade",
e poi grattacieli a volontà) verso l'alto. A Pechino, ormai, i quartieri
"vecchi" sono praticamente isole in mezzo ai grattacieli. Abbiamo quindi
potuto vedere, in pieno centro di Pechino, quartieri rurali come quello
nella foto. E' impressionante come si entri in questi quartieri semplicemente
voltando l'angolo (notare i grattacieli sullo sfondo): l'impressione è
quella di essere stati improvvisamente teletrasportati a 50 Km di distanza
in aperta campagna. |
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A
LANZHOU, nei
locali dell'Accademia, si è svolto un meeting
tra i vari gruppi (italiano, tedesco e quelli cinesi delle diverse istituzioni).
Durante tale meeting si è pianificato l'esperimento (di cui il progetto
ITACA costituisce la spina dorsale), ed inoltre i responsabili cinesi ci
hanno illustrato i dettagli relativi all'imminente spedizione, che è
poi iniziata nel pomeriggio stesso. |
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Dopo
il meeting, prima della partenza abbiamo assaggiato la cucina locale. Sia
in Cina (ovviamente) che in Tibet abbiamo quasi sempre mangiato in ristoranti
tradizionali cinesi, seduti generalmente in
8 per tavolo attorno a tavole rotonde fornite di vetro girevole. Raramente
erano disponibili le posate, ma ci siamo aggiustati molto bene. A Lanzhou,
oltre ai partecipanti alla spedizione, c'erano anche molti scienziati della
sezione locale dell'Accademia. Che dire? mangiando in Cina si scopre che
il cibo cinese è molto più ricco e vario di quello che mangiamo
nei ristoranti cinesi italiani. Loro dicono che la loro cucina è
la prima al mondo come qualità. Io, da italiano, dico che la prima
è la nostra! Ma comunque anche la loro non è poi così
male. |
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LANZHOU
ha un aspetto di città nel deserto, essendo circondata da una serie
di colline e montagne naturalmente brulle, che con un'opera immane i cinesi
stanno cercando di riforestare (almeno nei pressi della città) piantando
migliaia di pini ed irrigando le montagne. Nonostante l'estrema aridità
apparente della superficie, infatti, la zona non è povera di acqua,
in quanto a Lanzhou scorre il Fiume Giallo (una rapida occhiata al colore
dell'acqua del fiume rende molto comprensibile l'origine del nome, soprattutto
dopo le piogge) e presumibilmente le falde acquifere dovute al fiume si
estendono su tutta la valle. Il Fiume Giallo a Lanzhou si presenta grossomodo
come il Po a Piacenza. Apparentemente non abbiamo riscontrato grosse differenze
di temperatura tra Lanzhou (~1800 m) e Pechino, anche se l'atmosfera era
notevolmente più secca e meno afosa: anche al mattino presto o a
tarda sera faceva molto caldo.
In
questa foto si può vedere il quartiere musulmano di Lanzhou, con
la torre da cui il locale Muezzin lancia i suoi richiami. |
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Da
Lanzhou abbiamo iniziato il nostro viaggio diretti verso XINING,
nella provincia del Qinghai. Tale provincia si trova su un altopiano a
oltre 2000 m di quota, in lieve ascesa verso i 3000 m procedendo verso
Ovest. Le strade erano quasi sempre pianeggianti o quasi, ed anche in buone
condizioni, ed il percorso scivolava via abbastanza veloce. In quelo momento,
pensavo che il viaggio sarebbe stato forse più piacevole di quanto
mi risultò poi nei giorni seguenti. In questa foto è raffigurato
l'ingresso del monastero buddista Ta-er nei
pressi della città cinese di Xining, che abbiamo visitato dopo pranzo
prima di proseguire il viaggio. |
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I
monasteri ed i templi buddisti sono in genere composti all'interno del
loro perimetro da diversi edifici dedicati ad una particolare personificazione
di Buddha. In questa foto si può vedere una delle cappelle all'interno
del monastero Ta-er.
Tutti i locali sono caratterizzati, al loro interno, da un forte odore
di incenso. In Tibet, tale odore è mischiato ad un ancora più
intenso odore di burro di Yak fuso, in quanto le candele sono costituite
da stoppini infilati in immensi bracieri ricolmi di burro di Yak, che molto
lentamente è fuso dalla fiamma. I pellegrini normalmente contribuiscono
a riempire questi bracieri con nuovo "combustibile" ed ad accendere nuove
"candele". |
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L'incenso
non viene bruciato soltanto all'interno delle varie cappelle nei templi
ma anche all'esterno, in particolari "stufe" come quella nella foto, relativa
sempre al monastero buddista Ta-er nei pressi della città cinese
di Xining. Queste "costruzioni" si possono anche trovare in città,
lungo i corsi, come a Lhasa. Ovviamente, come per tutte le altre cose,
le prime volte ero molto sorpreso da queste strutture, ma poi ne ho viste
così tante che mi ci sono abituato... Il profumo di incenso era
diventato quasi una costante nel mio viaggio. |
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Dopo
Xining, è iniziata la vera e propria salita verso il Tibet più
alto, lungo l'"autostrada" Qinghai-Lhasa. Autostrada è un termine
molto relativo, nel senso che la strada è una semplice carreggiata
a due corsie con molte buche e salti ed anche parecchie interruzioni, tanto
che è citata in un'antica maledizione cinese: "che tu possa andare
da Qinghai a Lhasa per questa strada su un pullman cinese". Da ciò
si può capire che la qualità della strada non era granchè,
ed inoltre andava peggiorando man mano che procedevamo verso Ovest, pur
essendo comunque asfaltata. Contemporaneamente, diminuiva la nostra velocità
media e purtroppo il nostro pullmino (IVECO) dava segni preoccupanti: ogni
40-50 Km circa era necessario bagnare i freni anteriori, surriscaldati.
Lungo
tale strada, abbiamo trovato molti piccoli villaggi o comunque costruzioni
in prossimità del punto più alto dei passi.
Il palazzo nella foto, ad esempio, si trova sul passo (~ 3400 m, l'altezza
di Plateau Rosà) che, provenendo da Lanzhou, precede l'enorme lago
Qinghai. |
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Il
lago Qinghai
ha un'estensione immensa: circa 120 Km di lunghezza e 50 Km di larghezza.
Nonostante la buona visibilità, in certi punti non era visibile
l'altra sponda, e si aveva una strana sensazione di trovarsi al mare (però
a circa 3000 m di quota). Data la forte brezza, la "spiaggia" era battura
da diverse onde di discreta entità, il che contribuiva all'illusione
del mare. L'effetto del lago era inoltre evidentissimo se si osservavano
i sistemi nuvolosi locali spinti dal vento di brezza. Avendo noi pernottato
nei pressi del lago, abbiamo potuto osservare quasi un intero ciclo di
brezza. L'attività cumuliforme, in questa zona, è molto attiva.
Il
pernottamento in un albergo sulla costa del lago ci ha permesso di osservare
che in questra città, ancora ben distante dalla provincia del Tibet,
vivono moltissimi tibetani, come il gruppo nella foto. Tutti ci sono sembrati
molto cordiali con noi ed incuriositi dalla nostra presenza. |
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Spesso
alcuni abitanti
delle cittadine da noi visitate si fermavano vicino a noi e non avevano
paura di essere fotografati (anzi talora erano loro stessi a chiedere di
essere fotografati o filmati con la videocamera). Questo ci è capitato
praticamente dappertutto. Naturalmente, tutta la comunicazione avveniva
a gesti, e se parlavamo ognuno lo faceva nella propria lingua (talora noi
parlavamo direttamente in italiano, visto che molti di loro non conoscevano
l'inglese e noi di tibetano sapevamo solo dire "tashi dele"). |
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Nella
strada tra il Lago QINDHAI e GOLMUD
(o Geermu), mai sotto i 3000 m, il paesaggio ha iniziato a cambiare gradualmente
e diventare progressivamente di tipo desertico. E' singolare, nelle zone
non aride, la continua presenza di vegetazione anche a quote molto alte
(oltre 4000 m), e del resto la cosa non sorprende viste le temperature
molto alte almeno di giorno. Tale caratteristica ci ha accompagnati lungo
tutto il viaggio, tanto che abbiamo sempre avuto l'impressione di trovarci
perlomeno 2000 m più in basso rispetto alla quota reale. |
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Avvicinandosi
a GOLMUD (o Geermu),
il terreno è diventato sempre più di tipo stepposo, con montagne
brulle e scarsa presenza di acqua (i corsi dei fiumi sono secchi e le nubi
sono poche e, se presenti, poco spesse e sempre disposte lungo le creste
montuose). Non sono mai stato in Marocco, ma penso che il paesaggio non
sia molto diverso, soltanto che qui siamo molto più in alto!
Contemporaneamente,
i villaggi erano sempre più rari e le coltivazioni occupavano sempre
meno territorio, pur essendo comunque sempre presenti anche nelle zone
più aride. |
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Nonostante
ci trovassimo ad altitudini sopra i 3000 m, faceva ancora parecchio caldo,
il terreno era di colore tendente al giallastro, molto secco e la vegetazione
aveva caratteristiche di savana.
Anche se queste foto sono leggermente sovraesposte data la luminosità
fortissima, i colori sono reali. Non appena ci alzavamo di qualche centinaio
di metri o ci avvicinavamo a qualche vetta più alta, immediatamente
le nubi si inspessivano diventando piccoli (nel senso di poco spessi) cumulonembi,
e comparivano le scie di pioggia, che però interessavano solo le
zone montuose. Per ora, comunque, le cime non erano innevate. Più
avanti, abbiamo appurato che il livello neve, in questa macrozona ed in
questo periodo dell'anno, si assestava intorno ai 5000 m circa. |
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In
questo punto, la vegetazione era praticamente assente ed il terreno
era molto secco. Il nostro passaggio a moderata
velocità (mai più dei 60 Km/ora comunque) sollevava sempre
un po' di polvere. La visibilità era ottima ed il cielo quasi sereno,
o in ogni caso privo di nubi "basse". |
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Questa
estrema diversità di climi, di vegetazione, di tipo di terreno che
abbiamo trovato nelle province del Qinghai e del Tibet andrà poi
tenuta ben presente quando dovremo eseguire le simulazioni climatiche con
i modelli di strato limite e di circolazione atmosferica. Infatti, la risposta
del terreno
agli eventi meteorologici (per esempio, le piogge monsoniche) è
completamente diversa a seconda delle caratteristiche del terreno stesso
(si pensi ad esempio all'infiltrazione ed all'evaporazione), per cui soltanto
un'accurata parametrizzazione e rappresentazione del tipo di terreno che
abbiamo visto di persona in Tibet ci potrà consentire di ottenere
valori accurati e previsioni corrette. |
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Ogni
volta che oltrepassavamo una montagna o collina ed il paesaggio ci appariva
aperto, si potevano chiaramente distinguere da 10 a 20 diavoli
di sabbia ("dust devils"), la cui vita media
variava tra 30 secondi - 1 minuto e 10-15 minuti, e le cui dimensioni variavano
tra 1 e 10 m. Non abbiamo notato nessuna corrispondenza tra il mulinello
al suolo e la presenza di nubi in alto: i due fenomeni evidentemente non
erano correlati. Stranamente (almeno per me: non sono un esperto di clima
desertico...), abbiamo osservato questo fenomeno anche nelle zone ombreggiate
(coperte da nubi), il che ci ha evidenziato che il terreno surriscaldato
non è l'unico elemento che favorisce l'insorgenza di tali fenomeni.
Anche in questa occasione, come mi è successo spesso durante questo
viaggio, ho potuto osservare con i miei occhi un fenomeno di cui avevo
soltanto sentito parlare oppure visto sui libri qualche fotografia. |
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Le
poche volte che osservavamo nubi convettive,
quasi sempre in prossimità di vette molto più alte rispetto
al livello dell'altopiano, potevamo notare come tali nubi apparivano poco
"spesse", almeno se confrontate con quelle che siamo soliti osservare nelle
nostre zone (pianura padana, Torino): infatti, qui la loro base parte da
4000-4500 m, un livello tipico delle nubi "medie" (in Tibet "manca" un
terzo di tropopausa!!!). Praticamente quasi tutti i sistemi nuvolosi che
abbiamo visto (con un'eccezione a Lhasa) hanno presentato un ciclo diurno
molto marcato, con la fase più attiva mediamente tra le ore 13 e
le ore 16 locali (tutto il Tibet adotta l'ora cinese, che è solare
e centrata su Pechino, per cui la giornata tipo in Tibet è "spostata"
in avanti di oltre due ore rispetto alla nostra ora italiana torinese). |
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Verso
la fine della parte di altopiano che conduce a GOLMUD
(o Geermu), il paesaggio ha assunto caratteristiche del tutto desertiche.
E' molto strano in quanto non si tratta di un vero deserto esteso per centinaia
di Km, ma di limitate zone desertiche di piccola estensione alternate ad
altre più umide o almeno meno secche (spesso a fondovalle ci sono
fiumi e laghi). Talora era la strada stessa a separare un'area desertica
con molta sabbia alla nostra destra da una distesa più verdeggiante
alla nostra sinistra. Le zone sabbiose erano sempre addossate alle montagne,
segno che l'aridità di questa zona è fortemente condizionata
dalle correnti subsidenti orografiche. |
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All'improvviso,
lungo la strada ci sono apparse delle vere e proprie dune
di sabbia (ed eravamo sempre ad oltre 3000 m di altezza!). Dopo averle
viste sino ad ora soltanto sui libri, non pensavo proprio di trovarle nella
provincia del Qinghai! Abbiamo costretto l'autista del pullman a fermarsi
per poter camminare sulla sabbia... |
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In
questo peculiare paesaggio di tipo desertico, in cui abbiamo visto la sabbia
e le dune come nel Sahara, non eravamo però preparati a vedere i
cammelli come
se ci fossimo trovati in un deserto vero. Ed invece, ecco un cammello ad
oltre 3000 m di quota, tranquillamente al pascolo... Non ne abbiamo visti
tanti quanti gli yak, ma comunque ce n'erano abbastanza. Non siamo invece
riusciti a fotografare le antilopi, che abbiamo anche visto in vari punti. |
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Finalmente
ci sono apparse le prime cime innevate.
O almeno, questo è quello che ho pensato nel vedere questi splendidi
picchi bianchi. In realtà, a partire da questo momento, abbiamo
iniziato a salire di brutto e sono iniziati i primi sintomi di mal di montagna
(forti mal di testa e mancanza di fiato). Il livello neve, da queste parti,
si aggira a quota 5000 m. Verso tali altezze, dopo il tramonto le prime
pozzanghere cominciavano a gelare (ma di giorno però faceva sempre
abbastanza caldo). Trovandoci ad oltre 4500 m, era normale (ma faceva sempre
un certo qual effetto ... ) pensare che ognuna delle cime bianche che ci
circondava era molto più alta del M. Bianco! La presenza di cime
innevate ha accompagnato il nostro tragitto verso Golmud, città
posta a oltre 3000 m, dove abbiamo cambiato il nostro pullman Iveco (il
cui fumo che ad ogni sosta usciva dal sistema frenante cominciava veramente
a preoccuparci) prendendone uno nuovo (si fa per dire: aveva 240000 Km...)
Nissan. |
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NAGQU
si raggiunge dopo aver attraversato due passi rispettivamente a 4800 m
e 5200 m circa (tale quota rappresenterà il mio record in questo
viaggio). Il passo posto a 5200 m rappresenta il confine naturale della
regione del Tibet (che, come i colleghi cinesi ci hanno sempre ricordato,
è una regione della Cina) dalla regione del Qinghai. Quando siamo
scesi dalle macchine sul passo a 5200 m (c'era un po' di neve attorno a
noi, ed anche un'iscrizione in bilingue che ci avvisava - credo - che stavamo
entrando nel Tibet), ogni minimo movimento rappresentava uno sforzo estremo,
e ci provocava violenti giramenti di testa. Del resto, stavamo circa 400
m più in alto del M. Bianco! La notte successiva, passata in un
villaggio a 4800 m circa, è stata la peggiore dal punto di vista
del mal di altitudine, tanto che è passato in subordine il fatto
di aver sperimentato il dormire in una sorta di rifugio cinese. Se non
altro, i bagni erano molto grandi: infatti si estendevano su tutti i campi
intorno al rifugio. Comunque, nessuno di noi ha avuto problemi, a parte
il giramento di testa... Il mattino dopo, via verso Nagqu. |
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NAGQU
sarebbe una bella cittadina, delle dimensioni grossomodo di Chieri. Dico
"sarebbe", perchè in realtà le strade alla sua periferia
versano in condizioni disastrose. Infatti, avevano deciso di ricostruirle
proprio nei giorni in cui siamo passati noi (e, tra l'altro, le stavano
ricostruendo TUTTE!), e siccome era già iniziata la stagione delle
piogge (in anticipo: probabilmente un regalo di La Nina per noi!) ed aveva
piovuto abbondantemente nei due giorni precedenti il nostro arrivo, le
strade erano tutte un mare di fango e pantano che circondavano tutta la
città. Nei pochi punti in cui l'acqua era evaporata, ogni camion
che passa sollevava enormi nubi di polvere, che spiegano come mai tutte
le donne in città portassero delle maschere antipolvere sul viso
(gli uomini, invece, non le portavano: non siamo riusciti a capire perchè!). |
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Dopo
una notte tutto sommato tranquilla, abbiamo impiegato circa 4 ore a percorrere
circa 3 Km per uscire da Nagqu. Un'ora circa perchè incolonnati
in una fila quasi immobile, infinita e caotica, composta prevalentemente
da camion. Immobile perchè, nella colonna, ogni tanto qualche camion
si impantanava e bloccava tutta la colonna. Altre tre ore circa perchè,
nel tentare di evitare la coda prendendo una "strada" alternativa, ci è
capitato l'inconveniente che si vede nella foto (il pullman
raffigurato era il nostro...). Comunque, se non altro, l'accaduto ci ha
permesso di dare un'occhiata da vicino alla popolazione locale. Già,
perchè noi eravamo di passaggio, mentre invece i Tibetani lì
ci vivevano. |
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Dopo
una mezzoretta circa, è arrivata in nostro "soccorso"
una pattuglia di persone, tutti allegri, sorridenti e felici, composta
per lo più da donne e bambini armati di palettine, che hanno leggermente
(ed inutilmente) allargato la buca. E' stato interessante osservare il
loro comportamento e quello degli autisti. Tutti calmi ed impassibili,
mai allarmati, mai inquieti, sempre sorridenti, come se il dover vivere
in una città praticamente immersa nel fango non li preoccupasse
o disturbasse più di tanto. Per la cronaca, dopo circa tre ore e
mezza (noi pensavamo di dover far ritorno all'albergo portandoci le valige
a mano), l'autista di un camion militare, forse impietosito, ha trainato
il nostro pullmino sulla strada giusta (e poi si parla male dei militari...),
e meno male se no saremmo ancora lì adesso... |
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Questo
bimbo faceva
parte della "spedizione di soccorso" che si è avvicinata al nostro
pullman... |
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Poco
dopo essere usciti da Nagqu, eccoci di nuovo fermi in un'altra lunga coda.
Un'altra occasione per conoscere un po' di gente
del luogo, incuriosita dalle nostre telecamere.
Successivamente, abbiamo appurato che la coda era dovuta ad un bruttissimo
scontro frontale tra due camion alcuni metri più avanti, che erano
rimasti incastrati tra loro. Dopo una mezzoretta, finalmente la coda ha
iniziato a districarsi, e faticosamente ci siamo mossi... |
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Ma
con nostro orrore abbiamo visto che pochi metri davanti il ponte sul fiume
non c'era più! In Tibet, la strada normalmente è unica, per
cui o si guada o si torna indietro. Osservando i camion che guadavano il
fiume, ho stimato in circa mezzo metro la profondità dell'acqua
nel guado. Le
nubi nere all'orizzonte non facevano pensare che il livello dell'acqua
avrebbe potuto abbassarsi di lì a breve. Sperando di non rimanere
dentro il fiume come il camion nella foto, ho chiuso gli occhi e quando
li ho riaperti, eravamo passati. Più avanti, abbiamo trovato un
altro ponte rotto ed abbiamo guadato un altro fiume, ma con minori preoccupazioni.
Avevamo infatti scoperto, con piacere, che il nostro pullmino Nissan era
insospettabilmente in grado di guadare benissimo i fiumi... |
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Dai
4000 in su (cioè da Nagqu in poi), il paesaggio ha cominciato a
riempirsi, oltre che di mucche e pecore (e cani, cosa strana in Cina, dove
a Pechino ne ho visto uno solo in sette giorni...), anche di YAK,
animale di dimensioni simili ad un toro ma mansueto come un bue (forse
per lo stesso motivo?) e dal pelo lunghissimo. Probabilmente quelli che
abbiamo visto erano incroci tra yak e buoi, perchè le guide parlano
di bestioni enormi, mentre quelli che abbiamo visto erano grossi come buoi.
Dopo le prime foto dettate dalla curiosità, ne abbiamo visti così
tanti che ci è passata la voglia di fotografarli... In compenso,
in Tibet abbiamo avuto occasione di assaggiarne la carne, che è
buona. Lo Yak produce pertanto carne, latte e si usa anche il suo grasso
(e probabilmente anche la pelliccia): dal punto di vista energetico, ha
un rendimento altissimo. Ce ne sono tantissimi, in Tibet. I Tibetani ne
distinguono la proprietà appiccicando al loro pelo dei pezzi di
stoffa colorata. |
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Questa
è DAMXUNG,
indicata come città sulla mappa. In realtà, è un paesello
esteso lungo la strada (lungo 3-4 Km e largo 20 m) e, come tutti i rari
paesi incontrati in questa zona, costellato di ristoranti, ricoveri, gommisti
e meccanici. Osservando le condizioni igieniche dei posti, il mio appetito
non era molto stimolato. Eppure quando vedevo arrivare i piatti ripieni
di vivande, la fame arrivava immediatamente e siccome il cibo era quasi
sempre veramente ottimo (non tutti i miei colleghi erano però della
stessa idea...) ho quasi sempre mangiato abbondantemente. Ciò nonostante,
ho perso 8 Kg durante il viaggio. Mangiare fino a sentirsi sazi e dimagrire,
mi è sembrato quasi un miracolo! |
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La
popolazione tibetana di Damxumg,
come negli altri villaggi, è stata sempre molto incuriosita da noi
(i visitatori non cinesi debbono essere non molto frequenti su questa strada
coperta dalla maledizione cinese...) ma comunque tutti sono sempre stati
molto cordiali, specialmente se li si salutava alla tibetana dicendo "Tashi
dele", che significa "buongiorno" ma anche "buona fortuna". Gli uomini
tibetani portano in genere capelli lunghi arrotolati sulla testa e tenuti
insieme da un drappo di colore rosso, ed apparentemente sono più
decorati delle donne. Molti usano anche portare un grosso pugnale alla
cintola, ma la cosa non ci ha mai impressionati più di tanto. Durante
tutto il nostro viaggio, anche quando ci siamo avventurati nei paesi o
nei quartieri tibetani, abbiamo sempre avvertito curiosità ma mai
ostilità nè paura. |
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Da
DAMXUNG è
possibile salire verso il Lago Nam Tso (in tibetano, o Nam Co, in cinese)
lungo una stradina in 3-4 ore. Il lago si trova a 5200 m circa, ed è
situato in una valle più lunga che larga che condiziona la forma
stessa del lago (lungo 70 Km e largo 30 Km circa). La valle ed il lago
sono circondati da due catene di montagne le cui vette più alte
superano i 7000 m, ricoperte da immensi ghiacciai. La vegetazione intorno
al lago è costituita da erba (che rappresenta la vegetazione originaria)
ma anche da estesi tratti coltivati (cosa che sembra inconcepibile vista
l'altitudine, eppure ci sono), che sono possibili imputati del fatto che
la superficie del lago si sta gradualmente riducendo proprio a partire
dall'introduzione delle pratiche agricole. Proprio questo sarà uno
degli argomenti che vorremmo verificare o almeno indagare nel corso del
progetto ITACA. |
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Da
Damxung il viaggio verso LHASA
si potrebbe effettuare percorrendo una comoda strada quasi pianeggiante
(durata 3 ore), ma siccome tale strada è attualmente in costruzione
e poco percorribile soprattutto dal nostro pullmino, il nostro viaggio
si è svolto attraverso una specie di mulattiera sterrata (durata
8 ore, con velocità media di 30-40 Km/ora, e che comunque ci ha
svelato paesaggi bellissimi come quello nella foto), che si è inerpicata
ad oltre 5000 m per poi scendere nella piana di Lhasa, a circa 4000 m.
Nonostante le altezze proibitive, non abbiamo mai smesso di notare estesi
tratti coltivati, addirittura piantagioni di riso... |
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Dopo
8 ore di viaggio massacrante, siamo finalmente sbucati nella piana di Lhasa,
un'enorme valle lunghissima (oltre 100 Km) e larga qualche Km, al cui centro
scorre il principale affluente del fiume Brahmaputra che talora si allarga
a formare quasi un lago occupando praticamente tutto il fondovalle. Anche
questa sorgente di umidità sarà indagata nel corso dei nostri
studi come sorgente potenziale per le piogge monsoniche.
Al
centro della città di LHASA
si estende una vasta piazza che evidenzia il palazzo del Potala, che era
la residenza governativa del Dalai Lama quando in passato il Dalai Lama
risiedeva in Tibet e governava il Tibet stesso. Anche se non si riesce
a vedere distintamente, i giardini al centro della piazza sono pieni di
fiori: rose, viole, bocche di leone (a 3900 m...), e le pendici delle montagne
sono tutte coperte da alberi. |
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Il
palazzo del Potala
ha un colpo d'occhio affascinante ed è edificato sopra una collinetta
che gli conferisce un aspetto prominente, quasi come se fosse edificato
al di sopra di tutto. Le foto che ritraggono soltanto il palazzo, come
questa, contribuiscono a rafforzare questa immagine. In realtà,
il palazzo si trova al centro della città di Lhasa ed è circondato
dalle case della città stessa. Con nostro grande rammarico, abbiamo
appurato che di notte non è illuminato. La piazza del Potala rappresenta
una sorta di confine tra la parte occidentale della città, moderna
e cinese, e quella orientale, più antica ed abitata dai tibetani,
in cui è ancora possibile trovare qualche edificio caratteristico. |
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Il
tempio del Barkore
costituisce il fulcro dell'attività spirituale della città
di Lhasa. Attorno a tale tempio vi è il circuito lungo il quale
camminano (rigorosamente in senso orario come consuetudine buddhista) le
centinaia di pellegrini che si recano a visitare il tempio ed a pregare.
Lungo il circuito vi è poi il mercato, in cui tibetani e cinesi
(insieme!) vendono di tutto. |
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Il
mercato è
formato da una serie di bancarelle disposte lungo il percorso del Barkore
(che circonda l'omonimo tempio) e da una serie ininterrotta di negozietti
che sono quasi nascosti dalle bancarelle. Passeggiando lungo questa via,
si possono notare moltissimi tibetani tra i pellegrini, tra i clienti ed
anche tra i venditori. In queste bancarelle si può trovare tutta
la paccottiglia possibile immaginabile, mentre nei negozietti la qualità
è maggiore. Ovviamente vige in maniera assoluta la legge della contrattazione
(l'esperienza ci ha dimostrato che si può scendere di un fattore
3-5 rispetto al prezzo offerto in prima istanza), e quando loro notavano
le nostre facce occidentali subito si scatenavano a salutarci dicendoci
"Hallò" (talora rispondevamo dicendo "ciao" anche per insegnare
loro un modo alternativo di salutare) e facendo chiari gesti di invito. |
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Nelle
vie interne di Lhasa,
nei pressi del mercato, si può osservare lo stile caratteristico
delle costruzioni cittadine tibetane (un esempio è riportato nella
foto qui a fianco), nettamente diverso da quello delle abitazioni cinesi.
Una delle caratteristiche più notevoli che abbiamo trovato in Tibet,
per quanto riguarda le decorazioni, è l'utilizzo di colori a tinte
molto accese, come giallo, verde, rosso e blu (soprattutto tantissimo blu),
e l'abbinamento di tali colori, inusuale o raro da noi. |
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Lhasa,
vista dalla sommità del palazzo Potala, ha un'estensione enorme.
Questa fotografia corregge parzialmente l'impressione (errata), data dalle
cartoline e da molte fotografie scattate dal basso, che il palazzo Potala
si trovi in mezzo al nulla. In realtà, infatti, tale palazzo si
trova al centro di Lhasa, come si può vedere bene da questa fotografia.
Le abitazioni subito sotto il palazzo, piccole costruzioni povere, ad un
piano ed abitate dai monaci o comunque dai tibetani, non sono visibili
dalla piazza perchè coperte dal muro che sorge attorno al palazzo. |