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La
tragica storia di Hiroshima ci riporta indietro di circa 50 anni, durante
la II guerra mondiale. In quel periodo, la tensione militare aveva fatto
incrementare notevolmente la ricerca riguardante un uso bellico dell'energia
nucleare.
L’EPILOGO
- Il 26 luglio 1945 – undici giorni prima dello scoppio – le forze
alleate riunite a Potsdam inviano
al Giappone un’intimazione di resa che non lascia spazio ad alcuna trattativa.
La capitolazione dovrà essere totale, con la perdita di tutte le
conquiste territoriali a partire da quella della Manciuria avvenuta nel
1931. Per rendere più digeribile l’amaro boccone, ai sudditi dell’impero
del Sol Levante viene concessa la possibilità di scegliere la futura
forma di governo e di rientrare in futuro nel circuito dell’economia mondiale.
Si tratta di prendere o lasciare, the alternative
for Japan is prompt and utter destruction...
(l’alternativa per il Giappone è la distruzione immediata e totale).
IL PROGETTO
FERMI E IL GRUPPO
DI V. PANISPERNA - Tra gli apprendisti stregoni
nella scienza dell’infinitamente piccolo c’era anche Enrico
Fermi, enfant prodige della fisica italiana.
Venticinquenne, nel 1926 aveva ottenuto la cattedra di fisica teorica all’Università
di Roma e a partire dal 1934 aveva iniziato gli esperimenti di bombardamento
con i neutroni per indurre la radioattività negli elementi. Con
lui lavorava a stretto contatto di gomito un team composto da Edoardo
Amaldi, Emilio Segrè, Oscar D’Agostino e Bruno Pontecorvo (il cosiddetto
gruppo dei ragazzi di v. Panisperna). Nell’istituto
di fisica di via Panisperna, Fermi e il suo gruppo furono i primi a scindere
l’atomo dell’uranio, l’elemento che sarebbe entrato come ingrediente base
nella bomba atomica. L’avvento del nazismo segnò un’accelerazione
negli studi. L’antisemitismo e il militarismo della dittatura hitleriana
misero infatti subito in subbuglio la comunità scientifica.
I NAZISTI NON CAPIRONO
- In realtà, le potenzialità
della Germania di creare ordigni dalla scissione nucleare vennero ampiamente
sopravvalutate: i vertici militari nazisti non avevano compreso l’uso dell’energia
atomica a fini bellici – al massimo ipotizzarono l’uso dell’energia nucleare
a fini propulsivi – e, cosa ben più importante, gli scienziati tedeschi
che continuarono da allora e per tutto il periodo della guerra gli studi
in questo settore boicottarono volontariamente le loro stesse ricerche
per impedire all’industria bellica di capire il nesso tra scissione dell’atomo
e bomba atomica. L’ostruzionismo degli scienziati tedeschi fu forse una
delle migliori prove della resistenza interna al nazismo. Ma pochi allora
lo sapevano.
"Manhattan
Project" è il nome in codice dato all'imponente
impiego di risorse umane, intellettuali e materiali che gli Stati Uniti
predisposero per arginare l'offensiva tedesca e giapponese e per conseguire
prima degli avversari la conquista del "potere nucleare". La possibilità
di un utilizzo su grande scala dell'energia atomica si era resa evidente
ai fisici fin dalla scoperta del neutrone e delle reazioni nucleari, ma
tali importanti scoperte furono realizzate proprio nel periodo in cui la
situazione politica, nel mondo, si andava deteriorando, a causa di due
importanti circostanze: l'espansionismo armato del Giappone (che inizia
con l'invasione della Manciuria nel settembre del 1931) e la nascita del
Nazismo in Germania (con la nomina di Adolf Hitler a Cancelliere nel gennaio
1933). Repressione politica e sociale, instabilità e violenza militare
si diffondevano in tutta l'Europa, sfociando ,come già detto, nella
Seconda Guerra Mondiale.
In
questo contesto Szilard intravide la possibilità della costruzione
della bomba atomica e, poiché la scoperta della fissione nucleare
fu fatta in Germania, proprio nel momento in cui questa espresse la propria
determinazione a conquistare l'Europa, si rese concreto il pericolo di
un utilizzo catastrofico della energia atomica. Egli, noto fra i fisici
europei quale uomo di ingegno e di azione, si consultò con Einstein
e lo indusse a scrivere una lettera al Presidente F.D. Roosevelt, nella
quale lo mise in guardia sulla possibilità della costruzione di
armi nucleari. Questa lettera fu consegnata a Roosevelt l'11 ottobre, 1939
e dieci giorni più tardi, su ordine del Presidente, si tenne la
prima riunione del Comitato Consultivo sull'Uranio (il "Briggs
Uranium Commettee"), a Washington, DC. Tuttavia
negli Stati Uniti non nacque ancora interesse intorno alla questione, mentre
ulteriori sviluppi delle ricerche si ottenevano nel Regno Unito, dove,
nel febbraio del 1940 i due fisici Otto Frisch
e Rudolf Peierls, prepararono un'analisi teorica
della possibilità di fissione veloce nell'U-235. Il loro rapporto
conteneva la prima valutazione fondata (benché grossolana) della
dimensione della massa critica ("una libbra
o due") e della probabile efficienza, e proponeva
schemi pratici per il progetto della bomba e la produzione dell'U-235.
Il lavoro dei due fisici risultò così convincente che un
comitato di studio viene costituito ai più alti livelli governativi
(chiamato in codice MAUD Committee)
il 10 aprile. Entro dicembre il MAUD pubblicò un rapporto in cui
si individuava nella diffusione gassosa il metodo più promettente
per l'arricchimento dell'uranio. Il problema più importante da risolvere
era, infatti, la produzione di sufficienti quantità di uranio "arricchito"
per poter sostenere una reazione a catena. All'epoca l'uranio-235 era molto
difficile da estrarre, essendo il rapporto tra minerale di uranio e uranio
metallico di 500 a 1 e la quantità dell'isotopo 235 pari all'1%
rispetto al 99% dell'uranio 238, inutile per la costruzione di una bomba
atomica. A complicare la questione è il fatto che i due isotopi
hanno caratteristiche chimiche del tutto simili e ciò li rende inseparabili
con metodi chimici.
Numerosi
scienziati affrontarono il problema, in tutto il paese, nelle diverse università
(Columbia, Berkeley, Princeton), finché si misero a punto due tecniche
per la separazione dell'U-235 dall'U-238, quella della diffusione gassosa,
adottata nell'impianto che fu costruito a Oak Ridge, nel Tennessee e quella
della separazione magnetica, messa a punto da Lawrence (l'inventore del
ciclotrone).
Nel
corso dei sei anni tra il 1939 e il 1945, più di due miliardi di
dollari furono investiti nel Manhattan Project, tre complessi di ricerca
furono costruiti ex-novo, vere e proprie città-laboratorio, a Los
Alamos, a Hanford, a Oak Ridge e circa 100000 persone furono impegnate
nei lavori cantieristici oltre che nella ricerca di base.
La
formula per raffinare l'uranio e assemblare una bomba atomica fu concepita
da alcune fra le più fervidi intelligenze del nostro tempo, sotto
la guida del dott. Robert. J. Oppenheimer, il quale seguì il progetto
dalla sua prima concezione alla sua definizione. Alla fine venne il giorno
di verificare, a Los Alamos, se il "Gadget" (nome in codice della bomba)
sarebbe stato il più grande fallimento della storia o se, invece,
avrebbe consentito la fine della guerra.
Il primo fungo atomico un decimo di secondo dopo l’esplosione. Il “Trinity Test”, la prima esplosione atomica prodotta dall'uomo, avviene il 16 luglio 1945, in una località a 95 chilometri da Alamogordo. Il luogo, che gli indiani in passato avevano chiamato "strada della morte", dista dal laboratorio di Los Alamos più di 300 chilometri.
La
mattina del 16 luglio 1945, alle 5:29.45 ad Alamogordo, nel New Mexico,
l'esplosione di una bomba atomica diede inizio all' "Era Atomica" Alcuni
partecipanti al progetto, visti i risultati dell'esplosione, firmarono
una petizione contro l'utilizzo del "mostro" che essi stessi avevano creato,
ma non riuscirono a fermare "la storia". Come
tutti sanno la bomba atomica fu usata due volte durante la Seconda Guerra
Mondiale, ad Hiroshima e Nagasaki, in Giappone. La prima volta fu usata
una bomba all'uranio (Little Boy), la seconda una bomba al plutonio (Fat
Man), entrambe trasportate da B-29, gli aerei dell'aviazione militare americana,
appositamente equipaggiati e riconvertiti. Se,
fino ad oggi, non si è ancora utilizzata un'ulteriore bomba nucleare
per fini militari, dobbiamo ringraziare la provvidenza. Durante questi
ultimi tempi, in cui la paura per una guerra atomica si è fatta
via via sempre maggiore, ci farebbe bene ricordare le parole di A. Einstein
che, nel suo "testamento spirituale", esortava tutti i capi di stato a
non utilizzare mai più ordigni nucleari: "...In considerazione del fatto che in ogni ulteriore guerra mondiale verrebbero certamente impiegate armi nucleari e che tali armi mettono in pericolo la continuazione stessa dell'esistenza dell'umanità, noi rivolgiamo un pressante appello ai governi di tutto il mondo affinché si rendano conto e riconoscano pubblicamente che i loro obbiettivi non possono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e li invitiamo, di conseguenza, a cercare mezzi pacifici per la soluzione di tutte le questioni controverse tra loro. [...] Noi rivolgiamo un appello come esseri umani ad esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo vi è aperta la via di un nuovo Paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morte universale..." LA PACE ARMATA Dopo
Hiroshima e Nagasaki le reazioni degli scienziati che per anni avevano
lavorato alacremente al progetto Manhattan furono contrastanti. Avevano
costruito la bomba atomica per paura che ci riuscisse prima la Germania,
per porre fine a un conflitto che insanguinava il mondo intero da sei anni,
ma anche per quel profondo desiderio di conoscenza caratteristico della
razza umana e ancor più forte negli uomini di scienza.
Tutti
loro erano legati in modo indissolubile all’ordigno che avevano scoperto
e perfezionato. Come scienziati avevano voluto scoprire i segreti del mondo
fisico, le possibilità di manipolarlo e di controllarlo. E ora che
ci erano riusciti, qualcosa non funzionava. La realtà che stava
dietro l’angolo era venuta alla luce: la bomba atomica poteva essere il
primo passo verso la distruzione completa dell’umanità. Hiroshima
stava poco a poco prendendo piede nella mentalità collettiva come
la manifestazione dell’onnipotenza dell’uomo: un onnipotenza negativa,
alla quale si erano sacrificati i migliori ingegni e le migliori facoltà
umane. Leo Szilard, il fisico che forse per primo aveva intuito la portata
militare e politica della scoperta del neutrone, disse, poche ore dopo
il bombardamento di Hiroshima, che l’uso "delle bombe atomiche contro il
Giappone è una delle più grandi bestialità della storia",
perché così si sarebbe dato il via a una sfrenata corsa agli
armamenti atomici. Lui che nell’estate del 1939 si era recato da Einstein
per chiedergli di convincere il governo statunitense a costruire una bomba
atomica in funzione antinazista, era infine diventato uno degli uomini
più preveggenti sul nuovo corso della storia che di lì a
poco sarebbe scaturito. L’idea che d’ora in poi fosse necessario attuare
un ripensamento in chiave politica nell’uso del deterrente atomico iniziò
rapidamente a prendere piede un po’ tra tutti gli scienziati responsabili
del progetto Manhattan. In modi più o meno evidenti, e talvolta
anche in circostanze ufficiali, Oppenheimer, direttore del laboratorio
di Los Alamos, Fermi e altri loro colleghi si espressero a favore di una
politica di accordi internazionali in grado di evitare guerre future. Si
parlò ripetutamente, come aveva già fatto a suo tempo Bohr,
di incoraggiare il libero scambio della scienza e degli scienziati, di
ispezioni reciproche tra USA e URSS.
VERSO
L’EQUILIBRIO DEL TERRORE
Nelle
università americane, a pochi mesi dalla fine della guerra, si organizzarono
convegni scientifici sul controllo dell’energia atomica. In uno di questi,
tenuto a Chicago nel settembre del 1945 al cospetto di autorevoli studiosi
ed economisti, vennero sviscerate un gran numero di ipotesi futuribili.
Tra catastrofisti e irriducibili sostenitori dell’armamento atomico, furono
anche formulate delle previsioni a dir poco sorprendenti per la loro precisione:
"Non ci sarà nessuna guerra preventiva – disse un relatore che mise
d’accordo tutti gli scienziati – e non ci sarà un accordo internazionale
che comporti delle ispezioni. L’America avrà il possesso esclusivo
per un certo numero di anni e la bomba eserciterà una certa influenza
sottile; sarà presente ad ogni incontro diplomatico nella coscienza
dei partecipanti ed eserciterà il suo effetto. Poi, presto o tardi,
anche la Russia avrà la bomba e allora si instaurerà un nuovo
equilibrio. L’equilibrio della deterrenza e della minaccia nucleare".
Cosa
che puntualmente si verificò nel settembre del 1949, quando il presidente
americano Truman annunciò al mondo intero l’esplosione della prima
bomba atomica russa. La corsa a due iniziò così. Gli scrupoli
di coscienza degli scienziati del progetto Manhatthan non riuscirono a
deviare di un solo passo gli eventi. Anzi, la strategia nucleare e lo sviluppo
della sua tecnologia bellica diverranno la vera e unica ossessione delle
due superpotenze. Nei primi anni Cinquanta la bomba all’idrogeno, o termonucleare,
sostituirà la vetusta bomba atomica. La potenza degli ordigni aumenterà
a dismisura (fino a 3000 volte quella di Hiroshima) e si realizzeranno
vettori (missili) sempre più precisi e capaci di portare distruzione
su tutto il territorio della potenza avversaria.
UTOPISMO
ALLA ROVESCIA Ha scritto un filosofo tedesco
che la creazione di bombe capaci di distruggere tutto il pianeta ha fatto
dell’uomo un utopista al rovescio: "Gli utopisti non sanno produrre ciò
che concepiscono, noi invece non sappiamo concepire ciò che abbiamo
prodotto". L’unica consapevolezza è che oggi, a guerra fredda ormai
conclusa, l’umanità non è ancora riuscita a liberarsi dell’incubo
atomico. Nel mondo sono conservati quasi 48 000 ordigni nucleari, che creano
problemi di stoccaggio e di smantellamento. Quintali di residui radioattivi
di lavorazione aspettano di essere smaltiti, non si sa come e dove. La
convivenza con i più terribili strumenti di morte che mai siano
stati inventati non è destinata a finire con questo millennio.
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