La tragica storia di Hiroshima ci riporta indietro di circa 50 anni, durante la II guerra mondiale. In quel periodo, la tensione militare aveva fatto incrementare notevolmente la ricerca riguardante un uso bellico dell'energia nucleare.  

L’EPILOGO -  Il 26 luglio 1945 – undici giorni prima dello scoppio – le forze alleate riunite a Potsdam inviano al Giappone un’intimazione di resa che non lascia spazio ad alcuna trattativa. La capitolazione dovrà essere totale, con la perdita di tutte le conquiste territoriali a partire da quella della Manciuria avvenuta nel 1931. Per rendere più digeribile l’amaro boccone, ai sudditi dell’impero del Sol Levante viene concessa la possibilità di scegliere la futura forma di governo e di rientrare in futuro nel circuito dell’economia mondiale. Si tratta di prendere o lasciare, the alternative for Japan is prompt and utter destruction... (l’alternativa per il Giappone è la distruzione immediata e totale). 
 

IL PROGETTO 
Al tragico epilogo si giunse dopo anni di ricerche e di studi internazionali sulla fissione nucleare. Il neutrone, una piccola particella capace di scindere ciò che fino ad allora era stato ritenuto indivisibile, cioè l’atomo, era stato scoperto fin dai primi anni Trenta. L’energia che si poteva liberare attraverso il bombardamento e la scissione dell’atomo era potenzialmente grandissima. Tuttavia, in quell’epoca ancora nessuno, neanche i più affermati studiosi, era ben consapevole di ciò che stava venendo alla luce. Lo stesso Rutherford, uno dei primi scienziati atomici, era erroneamente convinto che l’uomo non sarebbe mai riuscito ad utilizzare l’energia racchiusa nell’atomo. 
Ma nuove schiere di giovani studiosi si stavano cimentando anima e corpo nella ricerca atomica. Leo Szilard, fisico teorico di origini ungheresi e allievo di Einstein all’università di Berlino, fu il primo a intuire che la liberazione di energia dall’atomo era solo questione di tempo e che la scoperta avrebbe potuto creare non pochi problemi all’umanità: come sarebbe stata utilizzata questa potenza, ancora difficile da quantificare, ma certo grandissima? Gli uomini politici e i militari che ne avrebbero fatto? Non sarebbe stato opportuno rendere pubbliche le ricerche sull’energia atomica per evitare che qualcuno se ne impossessasse usandole a danno di altri? I tempi non erano ancora maturi. Oltretutto la scienza sperimentale vedeva come fumo negli occhi qualsiasi tentativo di limitare le ricerche facendo appello a questioni di ordine morale. L’assoluta libertà nella ricerca scientifica era considerata una grande conquista dell’età moderna. Così in Europa, da Gottinga a Roma, da Cambridge a Copenaghen era tutto un fiorire di ricerche. 

FERMI E IL GRUPPO DI V. PANISPERNA - Tra gli apprendisti stregoni nella scienza dell’infinitamente piccolo c’era anche Enrico Fermi, enfant prodige della fisica italiana. Venticinquenne, nel 1926 aveva ottenuto la cattedra di fisica teorica all’Università di Roma e a partire dal 1934 aveva iniziato gli esperimenti di bombardamento con i neutroni per indurre la radioattività negli elementi. Con lui lavorava a stretto contatto di gomito un team composto da Edoardo Amaldi, Emilio Segrè, Oscar D’Agostino e Bruno Pontecorvo (il cosiddetto gruppo dei ragazzi di v. Panisperna). Nell’istituto di fisica di via Panisperna, Fermi e il suo gruppo furono i primi a scindere l’atomo dell’uranio, l’elemento che sarebbe entrato come ingrediente base nella bomba atomica. L’avvento del nazismo segnò un’accelerazione negli studi. L’antisemitismo e il militarismo della dittatura hitleriana misero infatti subito in subbuglio la comunità scientifica. 
E i migliori ingegni, tra i quali molti di origine ebraica, abbandonarono i posti che occupavano nelle università tedesche per raggiungere la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Appariva loro sempre più evidente che i progetti tedeschi per l’uranio, cui avevano fino a poco prima lavorato, se messi a disposizione di Hitler avrebbero potuto rivelarsi un pericolo mortale per l’umanità intera. A partire dal 1939 – il Terzo Reich aveva già occupato l’Austria e la Cecoslovacchia e si apprestava ad inghiottire, in un solo boccone, la Polonia – nel mondo scientifico occidentale, si scatenò la psicosi della bomba atomica hitleriana. E la corsa alla bomba prese ufficialmente il via. 
I fisici rifugiatisi negli Stati Uniti, con Szilard e Fermi in testa, decisero di autocensurarsi per impedire che i frutti delle loro ricerche sulle reazioni nucleari cadessero in mano agli scienziati di Hitler. Ma fecero anche di più. Prima ancora che il Dipartimento di Stato americano avesse messo a fuoco il problema, Szilard e il suo maestro Albert Einstein nell’ottobre del 1939 si fecero promotori presso la Casa Bianca di una lettera con la quale chiedevano al governo di impedire la vendita alla Germania dell’uranio e di appoggiare in modo massiccio gli studi sull’energia nucleare. 

I NAZISTI NON CAPIRONO - In realtà, le potenzialità della Germania di creare ordigni dalla scissione nucleare vennero ampiamente sopravvalutate: i vertici militari nazisti non avevano compreso l’uso dell’energia atomica a fini bellici – al massimo ipotizzarono l’uso dell’energia nucleare a fini propulsivi – e, cosa ben più importante, gli scienziati tedeschi che continuarono da allora e per tutto il periodo della guerra gli studi in questo settore boicottarono volontariamente le loro stesse ricerche per impedire all’industria bellica di capire il nesso tra scissione dell’atomo e bomba atomica. L’ostruzionismo degli scienziati tedeschi fu forse una delle migliori prove della resistenza interna al nazismo. Ma pochi allora lo sapevano.  
 
 

 "Manhattan Project" è il nome in codice dato all'imponente impiego di risorse umane, intellettuali e materiali che gli Stati Uniti predisposero per arginare l'offensiva tedesca e giapponese e per conseguire prima degli avversari la conquista del "potere nucleare". La possibilità di un utilizzo su grande scala dell'energia atomica si era resa evidente ai fisici fin dalla scoperta del neutrone e delle reazioni nucleari, ma tali importanti scoperte furono realizzate proprio nel periodo in cui la situazione politica, nel mondo, si andava deteriorando, a causa di due importanti circostanze: l'espansionismo armato del Giappone (che inizia con l'invasione della Manciuria nel settembre del 1931) e la nascita del Nazismo in Germania (con la nomina di Adolf Hitler a Cancelliere nel gennaio 1933). Repressione politica e sociale, instabilità e violenza militare si diffondevano in tutta l'Europa, sfociando ,come già detto, nella Seconda Guerra Mondiale. 
Grooves insieme ad Oppenheimer
Il dott. Oppenheimer insieme al generale Groves. Furono tra i più alti responsabili del MED (Manhattan Engineer District).
 
In questo contesto Szilard intravide la possibilità della costruzione della bomba atomica e, poiché la scoperta della fissione nucleare fu fatta in Germania, proprio nel momento in cui questa espresse la propria determinazione a conquistare l'Europa, si rese concreto il pericolo di un utilizzo catastrofico della energia atomica. Egli, noto fra i fisici europei quale uomo di ingegno e di azione, si consultò con Einstein e lo indusse a scrivere una lettera al Presidente F.D. Roosevelt, nella quale lo mise in guardia sulla possibilità della costruzione di armi nucleari. Questa lettera fu consegnata a Roosevelt l'11 ottobre, 1939 e dieci giorni più tardi, su ordine del Presidente, si tenne la prima riunione del Comitato Consultivo sull'Uranio (il "Briggs Uranium Commettee"), a Washington, DC. Tuttavia negli Stati Uniti non nacque ancora interesse intorno alla questione, mentre ulteriori sviluppi delle ricerche si ottenevano nel Regno Unito, dove, nel febbraio del 1940 i due fisici Otto Frisch e Rudolf Peierls, prepararono un'analisi teorica della possibilità di fissione veloce nell'U-235. Il loro rapporto conteneva la prima valutazione fondata (benché grossolana) della dimensione della massa critica ("una libbra o due") e della probabile efficienza, e proponeva schemi pratici per il progetto della bomba e la produzione dell'U-235. Il lavoro dei due fisici risultò così convincente che un comitato di studio viene costituito ai più alti livelli governativi (chiamato in codice MAUD Committee) il 10 aprile. Entro dicembre il MAUD pubblicò un rapporto in cui si individuava nella diffusione gassosa il metodo più promettente per l'arricchimento dell'uranio. Il problema più importante da risolvere era, infatti, la produzione di sufficienti quantità di uranio "arricchito" per poter sostenere una reazione a catena. All'epoca l'uranio-235 era molto difficile da estrarre, essendo il rapporto tra minerale di uranio e uranio metallico di 500 a 1 e la quantità dell'isotopo 235 pari all'1% rispetto al 99% dell'uranio 238, inutile per la costruzione di una bomba atomica. A complicare la questione è il fatto che i due isotopi hanno caratteristiche chimiche del tutto simili e ciò li rende inseparabili con metodi chimici.  
Numerosi scienziati affrontarono il problema, in tutto il paese, nelle diverse università (Columbia, Berkeley, Princeton), finché si misero a punto due tecniche per la separazione dell'U-235 dall'U-238, quella della diffusione gassosa, adottata nell'impianto che fu costruito a Oak Ridge, nel Tennessee e quella della separazione magnetica, messa a punto da Lawrence (l'inventore del ciclotrone).  
 Nel corso dei sei anni tra il 1939 e il 1945, più di due miliardi di dollari furono investiti nel Manhattan Project, tre complessi di ricerca furono costruiti ex-novo, vere e proprie città-laboratorio, a Los Alamos, a Hanford, a Oak Ridge e circa 100000 persone furono impegnate nei lavori cantieristici oltre che nella ricerca di base.  
La formula per raffinare l'uranio e assemblare una bomba atomica fu concepita da alcune fra le più fervidi intelligenze del nostro tempo, sotto la guida del dott. Robert. J. Oppenheimer, il quale seguì il progetto dalla sua prima concezione alla sua definizione. Alla fine venne il giorno di verificare, a Los Alamos, se il "Gadget" (nome in codice della bomba) sarebbe stato il più grande fallimento della storia o se, invece, avrebbe consentito la fine della guerra.  
Il primo fungo atomico

Il primo fungo atomico un decimo di secondo dopo l’esplosione. Il “Trinity Test”, la prima esplosione atomica prodotta dall'uomo, avviene il 16 luglio 1945, in una località a 95 chilometri da Alamogordo. Il luogo, che gli indiani in passato avevano chiamato "strada della morte", dista dal laboratorio di Los Alamos più di 300 chilometri. 

  

 La mattina del 16 luglio 1945, alle 5:29.45 ad Alamogordo, nel New Mexico, l'esplosione di una bomba atomica diede inizio all' "Era Atomica" Alcuni partecipanti al progetto, visti i risultati dell'esplosione, firmarono una petizione contro l'utilizzo del "mostro" che essi stessi avevano creato, ma non riuscirono a fermare "la storia".  

Come tutti sanno la bomba atomica fu usata due volte durante la Seconda Guerra Mondiale, ad Hiroshima e Nagasaki, in Giappone. La prima volta fu usata una bomba all'uranio (Little Boy), la seconda una bomba al plutonio (Fat Man), entrambe trasportate da B-29, gli aerei dell'aviazione militare americana, appositamente equipaggiati e riconvertiti.  

 Se, fino ad oggi, non si è ancora utilizzata un'ulteriore bomba nucleare per fini militari, dobbiamo ringraziare la provvidenza. Durante questi ultimi tempi, in cui la paura per una guerra atomica si è fatta via via sempre maggiore, ci farebbe bene ricordare le parole di A. Einstein che, nel suo "testamento spirituale", esortava tutti i capi di stato a non utilizzare mai più ordigni nucleari:  

"...In considerazione del fatto che in ogni ulteriore guerra mondiale verrebbero certamente impiegate armi nucleari e che tali armi mettono in pericolo la continuazione stessa dell'esistenza dell'umanità, noi rivolgiamo un pressante appello ai governi di tutto il mondo affinché si rendano conto e riconoscano pubblicamente che i loro obbiettivi non possono essere perseguiti mediante una guerra mondiale e li invitiamo, di conseguenza, a cercare mezzi pacifici per la soluzione di tutte le questioni controverse tra loro. [...] Noi rivolgiamo un appello come esseri umani ad esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo vi è aperta la via di un nuovo Paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morte universale..." 

LA PACE ARMATA 

Dopo Hiroshima e Nagasaki le reazioni degli scienziati che per anni avevano lavorato alacremente al progetto Manhattan furono contrastanti. Avevano costruito la bomba atomica per paura che ci riuscisse prima la Germania, per porre fine a un conflitto che insanguinava il mondo intero da sei anni, ma anche per quel profondo desiderio di conoscenza caratteristico della razza umana e ancor più forte negli uomini di scienza.
Tutti loro erano legati in modo indissolubile all’ordigno che avevano scoperto e perfezionato. Come scienziati avevano voluto scoprire i segreti del mondo fisico, le possibilità di manipolarlo e di controllarlo. E ora che ci erano riusciti, qualcosa non funzionava. La realtà che stava dietro l’angolo era venuta alla luce: la bomba atomica poteva essere il primo passo verso la distruzione completa dell’umanità. Hiroshima stava poco a poco prendendo piede nella mentalità collettiva come la manifestazione dell’onnipotenza dell’uomo: un onnipotenza negativa, alla quale si erano sacrificati i migliori ingegni e le migliori facoltà umane. Leo Szilard, il fisico che forse per primo aveva intuito la portata militare e politica della scoperta del neutrone, disse, poche ore dopo il bombardamento di Hiroshima, che l’uso "delle bombe atomiche contro il Giappone è una delle più grandi bestialità della storia", perché così si sarebbe dato il via a una sfrenata corsa agli armamenti atomici. Lui che nell’estate del 1939 si era recato da Einstein per chiedergli di convincere il governo statunitense a costruire una bomba atomica in funzione antinazista, era infine diventato uno degli uomini più preveggenti sul nuovo corso della storia che di lì a poco sarebbe scaturito. L’idea che d’ora in poi fosse necessario attuare un ripensamento in chiave politica nell’uso del deterrente atomico iniziò rapidamente a prendere piede un po’ tra tutti gli scienziati responsabili del progetto Manhattan. In modi più o meno evidenti, e talvolta anche in circostanze ufficiali, Oppenheimer, direttore del laboratorio di Los Alamos, Fermi e altri loro colleghi si espressero a favore di una politica di accordi internazionali in grado di evitare guerre future. Si parlò ripetutamente, come aveva già fatto a suo tempo Bohr, di incoraggiare il libero scambio della scienza e degli scienziati, di ispezioni reciproche tra USA e URSS.
VERSO L’EQUILIBRIO DEL TERRORE  
Nelle università americane, a pochi mesi dalla fine della guerra, si organizzarono convegni scientifici sul controllo dell’energia atomica. In uno di questi, tenuto a Chicago nel settembre del 1945 al cospetto di autorevoli studiosi ed economisti, vennero sviscerate un gran numero di ipotesi futuribili. Tra catastrofisti e irriducibili sostenitori dell’armamento atomico, furono anche formulate delle previsioni a dir poco sorprendenti per la loro precisione: "Non ci sarà nessuna guerra preventiva – disse un relatore che mise d’accordo tutti gli scienziati – e non ci sarà un accordo internazionale che comporti delle ispezioni. L’America avrà il possesso esclusivo per un certo numero di anni e la bomba eserciterà una certa influenza sottile; sarà presente ad ogni incontro diplomatico nella coscienza dei partecipanti ed eserciterà il suo effetto. Poi, presto o tardi, anche la Russia avrà la bomba e allora si instaurerà un nuovo equilibrio. L’equilibrio della deterrenza e della minaccia nucleare".
Cosa che puntualmente si verificò nel settembre del 1949, quando il presidente americano Truman annunciò al mondo intero l’esplosione della prima bomba atomica russa. La corsa a due iniziò così. Gli scrupoli di coscienza degli scienziati del progetto Manhatthan non riuscirono a deviare di un solo passo gli eventi. Anzi, la strategia nucleare e lo sviluppo della sua tecnologia bellica diverranno la vera e unica ossessione delle due superpotenze. Nei primi anni Cinquanta la bomba all’idrogeno, o termonucleare, sostituirà la vetusta bomba atomica. La potenza degli ordigni aumenterà a dismisura (fino a 3000 volte quella di Hiroshima) e si realizzeranno vettori (missili) sempre più precisi e capaci di portare distruzione su tutto il territorio della potenza avversaria.
UTOPISMO ALLA ROVESCIA Ha scritto un filosofo tedesco che la creazione di bombe capaci di distruggere tutto il pianeta ha fatto dell’uomo un utopista al rovescio: "Gli utopisti non sanno produrre ciò che concepiscono, noi invece non sappiamo concepire ciò che abbiamo prodotto". L’unica consapevolezza è che oggi, a guerra fredda ormai conclusa, l’umanità non è ancora riuscita a liberarsi dell’incubo atomico. Nel mondo sono conservati quasi 48 000 ordigni nucleari, che creano problemi di stoccaggio e di smantellamento. Quintali di residui radioattivi di lavorazione aspettano di essere smaltiti, non si sa come e dove. La convivenza con i più terribili strumenti di morte che mai siano stati inventati non è destinata a finire con questo millennio. 
 
 



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